giovedì 28 giugno 2012

Vogliono uccidere Federico Aldrovandi ancora un migliaio di volte.

Ricorderete l'omicidio di Federico, lo studente diciottenne che il 25 settembre 2005 morì per arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale, sotto i manganelli spezzati di quattro poliziotti. Si dice che il ragazzo avesse assunto sostanze stupefacenti, che potevano comunque procurare uno sballo leggero e di breve durata.
I poliziotti lo descrivono come un "invasato violento e in evidente stato di agitazione" e dicono di essere stati aggrediti dal giovane.
Federico aveva diciotto anni. Muore con 54 lesioni e ecchimosi ma i poliziotti insistono, per loro è stato un malore. La perizia del magistrato afferma che la causa del malore è un'overdose di eroina (sostanza presente nel corpo di Federico ma in modo poco significativo). Ma allora se Federico aveva abusato di eroina, perché era così agitato come raccontano i poliziotti? L'abuso di oppiacei, infatti, comporta torpore, non certo euforia. 
I quattro poliziotti vengono scritti nel registro degli indagati. Nel novembre 2006 viene escluso il collegamento fra le sostante assunte da Aldrovandi e la sua morte. 
Il 21 giugno 2012 la Cassazione rende definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi per i quattro poliziotti i quali, chiaramente e ingiustamente, non rischiano nemmeno un giorno di carcere in quanto 3 anni sono coperti dall'indulto. 


Ma non gli è bastato. Federico non è morto solo una volta. Federico viene ucciso ancora ancora e ancora, dalle parole.
«Che faccia da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie» sono le parole assurde di Paolo Forlani, uno degli agenti condannati per l'omicidio di Aldrovandi sulla madre del ragazzo. E gli insulti continuano (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2012/06/26/pop_aldovrandi.shtml). Oltre a espressioni come "vergognatevi comunisti di merda" (sostengono, infatti, che il loro, oltre ad essere un processo mediatico sia anche un caso politico perché gli inaccettabili fatti si sono svolti a Ferrara che viene definita "città rossa come la bandiera sovietica"), che sembrano leggerezze in confronto a quello che si scrive su Federico e sua madre, non passano inosservate le parole di Sergio Brandoli e dello stesso Forlani. Federico viene definito non un uomo, ma un "cucciolo di maiale" male allevato dalla madre.
Io non sono indignata, io sono schifata. Mi gira la testa e mi viene da vomitare. Federico aveva diciotto anni. Ha sbagliato, ha assunto sostanze stupefacenti. Federico è stato punito, l'hanno ammazzato (perché alla fine è così che dice la sentenza definitiva della Cassazione, no?) ma a loro non basta. A loro non basta avergli spaccato addosso due manganelli, uscendone relativamente impuniti. Non si limitano ad urlare al mondo la loro innocenza, devono insultare idee politiche e uccidere ancora Federico.
Io sinceramente ho paura. Ho paura dell'Italia che si volta dall'altra parte e dice: "era solo un drogato". Non era solo un drogato, era Federico. Le cosa fanno più male quando hanno un nome, vero? Perché se dici "era solo un drogato", sembra facile, sembra anche legittimo. Se invece dici "era Federico. Aveva diciotto anni. Viveva a Ferrara." ecco che le cose cambiano, non puoi mica scappare da parole così. Ci sei dentro. Perchè Federico viveva, ma ora non più. Ma c'è un'Italia che non vuole essere dentro le cose, vuole solo commentare quello più vicino e più comodo. Io ho paura di questa parte dell'Italia e mi piace pensare che sia solo una piccola briciola, insignificante. Ho i brividi per lo schifo che si può raggiungere.

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